Il grotto ticinese
Rivista 155 – Giugno 2017
Il grotto ticinese
Di Lia Cassina
“Mangiare, è incorporare un territorio.”
Jean Brunhes, geografo francese (1869-1930)
Quale modo migliore per conoscere cultura e tradizione di un territorio, se non gustando del buon cibo? È proprio da qui che desidero intraprendere la mia ricerca: dai grotti che caratterizzano il Canton Ticino. Questa ricerca nasce dalla mia passione per il cibo e la tradizione che rende speciale un luogo, una regione o una nazione. È importante conoscere le proprie radici per apprezzarne l’unicità che le contraddistingue. Come è importante imparare a conoscerne di nuove con curiosità e gioia… Sì! Gioia! Perché se nel tempo queste sono riuscite a conservarsi è perché qualcuno si è impegnato affinchè queste arrivassero intatte fino ai giorni nostri. Questo lo reputo il regalo più bello che il passato può trasmettere al presente. Nella mia ricerca approfondirò diversi temi, primo fra tutti dare una chiara definizione di grotto. Importante è conoscere cosa esso propone e quali caratteristiche presenta. In seguito credo sia interessante vedere i cambiamenti che ha subito nel corso degli anni a livello gastronomico e di proposte. Ho deciso di raccontare parte della mia storia familiare, attraverso il grotto che i mei nonni paterni hanno aperto nel 1967 a Cureggia. Un punto essenziale da analizzare è l’impatto che questi locali hanno sui clienti, ovvero cosa ne pensa la gente, magari attraverso un sondaggio. Infine vorrei visitare di persona i grotti ticinesi, valutare le loro proposte e i vari aspetti che ho approfondito nella mia ricerca.
Cos’è un grotto?
Il grotto è un locale tipico della Svizzera italiana. Inizialmente questo locale veniva concepito come una sorta di cantina, dove poter conservare prodotti come il vino, i formaggi e i salumi. Infatti la maggior parte dei grotti erano spesso ricavati da grotte naturali che possedevano una fonte d’aria fresca che proveniva dal sottosuolo. Nel corso degli anni le esigenze si sono adeguate ai nuovi metodi di conservazione che hanno fatto sì che il grotto si limitasse ad essere una semplice cantina o un magazzino. Questi grotti sono stati trasformati in locali per la degustazione di vini e cibi di produzione propria. E infine sono diventati veri e propri esercizi pubblici. Oggi, con il termine grotto, s’intende un locale con un ambiente rustico e informale. Un luogo dove stare al fresco lontano dalla città, dove poter gustare prodotti nostrani e una cucina tradizionale semplice e genuina.
Nel capitolo quinto della Lderr ho estrapolato la definizione ufficiale di grotto
Grotti e canvetti Art. 24 (1) Il grotto e il canvetto sono esercizi dove i cibi e le bevande vengono serviti in un ambiente rustico e semplice, di stile e di carattere ticinese, situato, di regola, in zone discoste e ombreggiate. (2) Essi devono disporre di una cantina tipica e di un ampio piazzale adibito a servizio esterno con attrezzatura intonata alle loro caratteristiche.
Caratteristiche tipiche di un grotto
Le pietanze di cui si nutrivano i ticinesi secoli fa sono oggi il simbolo culinario della nostra regione. Queste pietanze hanno subito dei cambiamenti col passare del tempo, è vero. Oppure sono state influenzate da ticinesi emigrati all’estero e poi ritornati in patria. Oppure si sono arricchite con il benessere. Resta il fatto che tutto può subire un cambiamento oppure una modifica… ma che rende speciale la nostra regione sono le materie prime che ancora oggi restano immutate. Sono benvenuti piccoli accorgimenti o nuove rivisitazioni, ma mai privarsi di ottime materie prime per realizzarle… come vuole la tradizione! Non possono mancare i prodotti genuini e nemmeno la semplicità… in fondo è giusto mantenere anche un’identità territoriale. E dove poter gustare un po’di storia? Al grotto, sicuramente. Sono diverse le pietanze simbolo che non possono mai mancare. Innanzi tutto prodotti genuini e sicuramente “nostri”, fanno la differenza. Ma per capire quali sono le pietanze simbolo di un grotto bisogna semplicemente conoscere cosa mangiavano i ticinesi molti anni fa, quando ancora la gente viveva di agricoltura e allevamento e quando ancora non esistevano i frigoriferi.
Primi fra tutti i salumi. La “mazza” è una tradizione importante in Ticino che avveniva nei mesi più freddi e quindi ideali per lavorare la carne del maiale. E soprattutto questi prodotti potevano essere conservati a lungo nelle cantine dopo essere stati lavorati. Nei grotti è possibile trovare diversi tra questi prodotti che possono essere gustati da soli con sott’aceti e pane, oppure come contorno con la polenta o in ricette classiche. Il salame è sicuramente l’insaccato più gettonato e classico che viene prodotto con coscia, spalla di maiale e lardo, con aggiunta di sale, aromi, spezie e vino rosso nostrano. Dopo essere stato insaccato, viene asciugato per circa una settimana e quindi stagionato da venti a settanta giorni a seconda delle dimensioni. E i salimini? Ottimi per uno spuntino… questi possono essere di maiale, ci cervo, di cinghiale, … Molto apprezzata è anche la luganiga che la si può gustare cruda, oppure bollita con la polenta. La luganighetta, dalla forma più sottile rispetto alla luganiga, è speciale nel risotto o in umido con la polenta. La mortadella di fegato cruda o stagionata solitamente viene accompagnata con polenta e fagioli. Poi ancora: pancetta piana o arrotolata, la coppa, il lardo… oppure la carne secca di bovino o di selvaggina. Molto importanti erano anche i conigli e le galline.
I prodotti dell’orto venivano consumati spesso e in qualsiasi stagione. Un pasto povero che veniva cucinato spesso e in grandi quantità era il minestrone. Il minestrone tipico ticinese è composto da verdure diverse come carote, cavoli, verze, zucca, sedano porri, cipolle, fagiolini… a seconda della propria ricetta. A questo si aggiungono patate, pezzetti di lardo o di pancetta, pasta o riso, e brodo di carne. Tipica e abbastanza rara da trovare la busecca: un minestrone di verdure con dentro la trippa. In autunno invece erano le castagne a costituire i pasti: bollite con latte o cotte sul fuoco di un camino.
Un altro contributo importante per le famiglie erano sicuramente mucche e capre. Grazie al loro latte era possibile produrre burro e formaggi. I formaggi sono un altro ingrediente fondamentale per un grotto. Questi possono costituire uno spuntino pomeridiano, un antipasto, un piatto forte se accompagnato con polenta oppure una piccola degustazione a fine pasto per terminare un pranzo o una cena. Ottimi da soli oppure accompagnati da un filo d’olio, del miele, o delle marmellate. Formaggella, formaggini freschi e stagionati, büscion freschi o sott’olio, “strachin”(simile al gorgonzola), caprino, zincarlin,… Sono tutti deliziosi prodotti derivati dal latte con aromi, profumi e sapori particolari. A caratterizzare il prodotto è il latte che si utilizza e quindi è fondamentale il foraggio di cui si nutrono le mucche al pascolo. Preparazione del latte, coagulazione, taglio della cagliata, cottura, messa in forma e pressatura, salatura e maturazione. Queste sono le tappe fondamentali per ottenere il formaggio e sicuramente a fare la differenza è l’esperienza del casaro.
Saziante e con un buon apporto calorico, è la polenta! Semplice e genuina, viene prodotta con farina, acqua, sale e cotta almeno un’ora rigorosamente in un paiolo in rame sul fuoco di un camino. Servita con carne in umido, selvaggina, funghi, pesce in carpione, latte, formaggio, uova, salumi… sono tanti e per tutti i gusti i condimenti e le pietanze da accompagnare alla polenta. L’origine della polenta prodotta con la farina di mais è da ricercare nel ‘600. Anche se già in epoca preistorica sono state trovate tracce di impasti di farine con miglio, orzo e farro. E’ stata la Repubblica di Venezia, detta anche Serenissima, a sostituire quasi tutti i cereali con il mais. L’alimento base della gran parte della popolazione del nord Italia divenne la polenta.
Da qui il nome di “polentoni”, ovvero “mangiatori di polenta”, che viene spesso attribuito alle popolazioni del Veneto, Piemonte e Lombardia. Nel caso in cui l’alimentazione era davvero povera e prevalentemente costituita da mais, vi era il rischio di contrarre la “pellagra”. Detta anche “malattia delle tre D”, la pellagra di manifestava con i seguenti sintomi: Diarrea, Dermatite (patologia della pelle) e Demenza. Questa patologia colpiva soprattutto il ceto povero che non aveva un’alimentazione sana ed equilibrata. Verso la fine del ‘600 venne introdotta la coltura del mais in Ticino, nel Sottoceneri. Oggi la coltivazione di mais in Ticino è prevalentemente destinata alla produzione di foraggio per il bestiame, invece la parte destinata alla coltivazione per produrre farina per polenta rappresenta una piccolissima parte. La coltivazione di mais per polenta è poco produttiva e la sua lavorazione è di primaria importanza per garantire la qualità. Sono importanti il tempo di raccolta così come le modalità di lavorazione manuale e di trasformazione.
Un dolce tipico? La torta di pane viene preparata con pane raffermo ammorbidito nel latte e contenente molti altri ingredienti come amaretti, cacao, pinoli, frutta secca e candita. Un tempo le famiglie numerose non avendo risorse alimentari, preparavano il pane solo ogni tanto, ma in grandi quantità. Quello che non riuscivano a consumare fresco lo utilizzavano per la torta di pane o nel brodo per preparare una minestra. Questa ricetta, come altre ricette, nasce sicuramente dall’esigenza di non buttare via nulla. Di fronte a necessità importanti le donne di un tempo sapevano come fare… e quindi erano in grado di utilizzare gli avanzi con fantasia e astuzia! Infatti col pane raffermo sono tantissime le ricette che si possono realizzare! La torta di pane è sicuramente un dolce nato con pochi e semplici ingredienti che col passare del tempo si è pian piano arricchita.
La gazzosa classica è quella al limone ed è composta da acqua, zucchero, acido citrico, aromi e con l’aggiunta di anidride carbonica. La sua particolarità sta nella bottiglia con la macchinetta, che oltre ad essere un investimento importante per il produttore, è per tutti noi una caratterista affascinante che contraddistingue questa bevanda da tutte le altre. Consumata soprattutto nei grotti, è ottima nel periodo estivo perchè rinfrescante e apprezzata da grandi e piccini. Aggiunta al vino rosso prende il nome di “mezz e mezz” e aggiunta alla birra si può gustare una piacevole “panaché”. Una volta la si chiamava “champagne dei poveri” perché il gas lo si otteneva attraverso la fermentazione naturale di un liquido zuccherato e anche perché era una bevanda di lusso che si consumava solo in occasioni speciali. Oggi non viene più prodotta in questo modo, ma bensì aggiungendo acqua gasata allo sciroppo. Oltre alla ricetta classica quella al limone, in commercio possiamo trovare diversi gusti: al mandarino, al moscato, al lampone, ecc… Questa bevanda rappresenta una tradizione all’interno della nostra regione, infatti la prima fabbrica nacque a Mendrisio nel 1883 con il nome di “Fabbrica di Gazose e Selz”.
l nocino, o “ratafià”, è un liquore a base di noci a mallo verde e spezie e grappa. L’origine di questo liquore non è certa e nonostante la sua diffusione in Europa, è sicuramente un prodotto caratteristico, tradizionale e affermato da molto tempo in Ticino e nel nord Italia. L’origine per la diffusione nella nostra regione sarebbe da attribuire al Monastero di Santa Maria a Bigorio (sopra tesserete). Inoltre molti sostengono che il “Nocino” sia prodotto con la grappa, mentre il “Ratafià” con alcool etilico. Altri che il “Ratafià” non sia altro che una variante del “Nocino” al quale viene aggiunta della frutta nell’infuso. Per altri a fare la differenza sarebbe la Grappa utilizzata. Per tradizione si effettua la raccolta delle noci il giorno di San Giovanni, il 24 giugno. In questa data le noci a mallo verde hanno la parte interna del frutto ancora acerba, bianca e morbida e hanno quindi la consistenza perfetta per la preparazione di questo liquore. Le noci possono essere utilizzate intere, tagliate a metà o in quarti e messe in un recipiente di vetro a chiusura ermetica o semiermetica. Sono diverse le spezie che si possono utilizzare per la preparazione a partire da cannella, chiodi di garofano, scorza di limone, macis, anice stellato, vaniglia, bacche di ginepro, … l’importante è non coprire il sapore della noce e quindi è preferibile utilizzare le spezie intere e mai in polvere! Vi sono moltissime ricette che possono variare a dipendenza della zona di produzione, ma anche all’interno di una stessa regione… il consiglio è quello di utilizzare prodotti locali, nel nostro caso grappa di uva americana o grappa di Merlot. Qui ogni produttore privato o non possiede la sua “ricetta segreta”… ma si dice che la vera ricetta ce l’abbiano solo i frati!
Bibliografia
Regolamento della legge sugli esercizi alberghieri e sulla ristorazione (RLear)
“Quaderni ticinesi 10: grotti, cantine e canvetti del Luganese” di Pietro Salati
“Grotti, cantine, canvetti: estratto dal Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana”, di Andrea a Marca e Ivan Magistrini
Rivista di Lugano del 22 novembre 2002
“Scarpinando per grotti e paesi”, di Luca Bettosini
www.ristoramagazine.ch http://italien.ch
https://it.wikipedia.org
www.setupimpresa.it
VIDEO: RSI, Regionale del 1984