Fabrizio Ottaviani Luganese, cavalca nel tempo con i suoi cavalli e molta poesia.
Rivista numero 104 – Novembre 2012
Fabrizio Ottaviani
Luganese, cavalca nel tempo con i suoi cavalli e molta poesia.
Testo di Antonella Mannini
Alle nostre latitudini il weekend è diventato importante e io ne approfitto per montare a cavallo e andare in montagna, proprio perché il fatto di passare la settimana seduto crea la voglia di far qualcosa di diverso nel tempo libero.
Cosí come nel bellissimo film con Robert Redford L’uomo che sussurrava ai cavalli, desidero raccontarvi della passione e della sensibilità di Fabrizio, attraverso il suo rapporto con i cavalli e in particolare con Gringo, un compagno del suo passato, che credo sussurrasse, anche forte a volte, al suo cavaliere, tanto per farsi capire meglio, s’intende. Un rapporto che non ha bisogno di parole… è sentire le energie dell’altro, una perfetta e speciale intesa che ogni essere umano sensibile conosce e ha con il proprio animale amico e con la natura. Quando guardo un cavallo, ne ammiro il portamento, la fierezza, l’eleganza e quel senso di libertà che lo accompagna. Infatti, se lo vedo con le briglie, devo confessarvi che tutto sommato mi dispiace e lo immagino sempre perfettamente libero. Parliamone con Fabrizio Ottaviani.
Entriamo subito nel vivo dell’argomento. Mi stava dicendo qualcosa riguardo alla gestione naturale dei cavalli.
Il cavallo nel passato è stato un mezzo di lavoro e di guerra e prima ancora era una preda di caccia dell’uomo primitivo. Nell’ultimo secolo ha avuto il sopravvento l’aspetto sportivo e in questo campo adesso troviamo due tipi di uso: quello sportivo estremo, dinamico e affascinante, perché esistono dei cavalli eccezionali, muscolarmente molto dotati, palestrati direi, dei veri atleti, curatissimi a tutti i livelli ed utilizzati in varie discipline, dal concorso ippico al dressage, dalle corse ai completi e alle prove di durata. Essi sono al servizio dell’uomo e gli interessi economici in gioco sono molto importanti. Questo stato di cose ci porta ad usare il cavallo come mezzo per raggiungere un risultato, che può essere sportivo, finanziario, di orgoglio, di onore, ma che spesso va a discapito della natura stessa dell’animale. È vero che anche noi ci alziamo la mattina, dobbiamo andare a scuola e poi a lavorare e non possiamo divertirci e giocare tutto il giorno; alla stessa stregua il cavallo, visto che noi lo curiamo, lo accudiamo e lo nutriamo, è giusto che sia attivo un po’ anche lui: il suo lavoro è lo sport o le passeggiate. Nell’ippica competitiva esistono dei mezzi – per fortuna sempre meno messi in pratica e sempre piú vietati dalla legge e dall’etica – che rasentano la violenza e la crudeltà, usati per incrementare le prestazioni dell’animale, primo fra tutti il doping. L’altro lato dell’equitazione è il puro diletto, la passeggiata in campagna, il contatto con il cavallo. Vedo soprattutto bambine che passano ore a pulire e coccolare il proprio cavallo, senza neanche montarlo. Nella nostra scuderia è stata adottata la gestione naturale: i cavalli non sono ferrati e con opportuni pareggi dello zoccolo si raggiungono una forma e una robustezza ideali; al massimo, per protezione ulteriore durante il lavoro su terreni duri, si calzano delle apposite scarpette “metti e togli”. I cavalli sono montati senza il morso in bocca (che può creare fastidio, a volte anche dolore e paura), ma viene usato un tipo di briglia che, passando intorno al naso e alla testa, ottiene praticamente lo stesso effetto di un’imboccatura normale. Inoltre i nostri cavalli vengono lasciati con il loro pelo naturale, senza tosatura e coperte. Sono inoltre particolarmente curate l’alimentazione e la socializzazione nel branco, perché infatti i cavalli restano all’aperto per tutto il giorno a gruppi. Questa gestione è una via di mezzo tra coloro che lasciano gli animali sempre all’aperto, ad esempio da soli in montagna, con tutte le difficoltà meteorologiche come i fulmini e la neve, facendo condurre loro una vita dura, veramente da cavalli selvaggi, e quelli che invece li tengono chiusi tutto il giorno in scuderia, a parte brevi uscite per il lavoro quotidiano. Io sono un moderato, come in tutti gli aspetti della mia vita, non sono un assertore accanito di teorie estreme, né a favore del lato sportivo ad ogni costo, ma nemmeno dell’aspetto fanatico di certe teorie animaliste. Comunque sia, io e le mie figlie adolescenti usiamo il sistema che le ho spiegato, pur partecipando ai concorsi ippici: le ragazze sono quasi le uniche in Ticino a montare in gara senza ferri e senza morso. Qualche vittoria e buon risultato nelle categorie giovanili l’hanno ottenuto, dimostrando cosí che anche questa via è praticabile a livello sportivo.
Come avvicinerebbe ad un cavallo una persona che non ha dimestichezza, né esperienza?
Ho visto che nella mia scuderia, quando si presenta un adulto o un bambino per la prima volta, per una lezione o due gli mostrano il cavallo da terra, glielo fanno conoscere, condurre, pulire e sellare; poi, dopo un paio di volte, gli allievi iniziano a montare in sella e cosí le persone perdono la paura iniziale, perché hanno imparato a conoscere l’animale senza temere un’eventuale caduta. Infatti il cavallo è pur sempre un essere vivente timido e con dei retaggi da antica preda, che si può spaventare e innervosire facilmente. Inoltre nella nostra scuderia è attiva un’associazione di volontariato, che si occupa di terapie per disabili, per cui diversi giorni della settimana vi sono degli utenti seguiti da specialisti: il contatto con gli animali, il salire in sella o in ogni caso lo stare loro vicini è una vera e propria terapia che ha portato a notevoli risultati. D’altronde anche il cavallo, vivendo in un contesto di gestione naturale e di socializzazione con i suoi simili, manifesta molto meglio la sua vera natura: c’è il cavallo dominante che fa scappare gli altri e mangia per primo, c’è quello magari bravissimo in concorso che però subisce angherie dai suoi simili, oppure c’è la piccola pony sempre arrabbiata, che si fa rispettare dai piú grandi a suon di calci e morsi, o quello invece che se ne sta per conto suo, quasi meditando. Questi sono i meccanismi di simpatie e quasi amori piú vicini alla loro indole e che risultano piú evidenti con l’approccio che noi abbiamo.
Lei è avvocato e quindi lo immagino spesso seduto alla scrivania. Poi però desidera il movimento. Come riesce a conciliare le due cose?
Alle nostre latitudini il weekend è diventato importante e io ne approfitto per montare a cavallo e andare in montagna, proprio perché il fatto di passare la settimana seduto crea la voglia di far qualcosa di diverso nel tempo libero, che d’altronde a volte riesco a ritagliarmi anche in settimana. Parlando ora di montagna, nel mio periodo d’oro avevo un amico, un imprenditore ticinese, con il quale mi trovavo molto bene ed eravamo proprio complementari nel camminare e nello scalare, come bisogna essere nelle coppie sportive: in quel periodo abbiamo compiuto molte ascensioni, aspettavamo con ansia il weekend per partire, salire in capanna e compiere nuove imprese, a volte con le rispettive famiglie, a volte da soli. Da quando lui non va piú in montagna, non ho piú trovato il compagno ideale, però riesco ancora a compiere escursioni. Quando nel corso della settimana contatto qualcuno, trovo sempre una corrispondenza e una volontà di aria aperta, cosí che poi ci ritroviamo spesso in tre o quattro. Come me, ci sono molti gruppi che si riuniscono anche al di fuori dell’attività delle associazioni alpine e che, anche senza andare troppo lontano e senza compiere imprese difficilissime, trascorrono insieme bellissimi momenti di attività montana: d’inverno con neve, sci e racchette, d’estate con la possibilità di buttarsi sui prati a meditare, dopo essere arrivati alla meta. Nella vita trovo che ci voglia sempre un po’ di sale per ogni pietanza ed il sale nell’escursionismo può essere la piccola difficoltà tecnica, l’arrampicata, l’esplorazione di una zona, l’uscita fuori sentiero, l’incontro con animali o con persone particolari. È talmente vasta la montagna che anche uno come me, ossia un camminatore non allenatissimo e neanche un alpinista troppo tecnico, può fare moltissimo. A volte c’è piú voglia e meno pigrizia di partire, a volte invece bisogna essere trainati da altri piú volenterosi. Ma in fin dei conti in montagna è bello anche andare da soli, perché cosí si decide, si cambia, si torna, ci si ferma, cosa che in due o piú non è possibile fare, perché ognuno ha il suo ritmo, il suo tempo e la sua testa.
Qual è per lei la stagione migliore per andare in montagna?
L’inverno ha un fascino particolare, è magnifico compiere una racchettata nell’aria tersa e fredda, ma non sempre si ha l’ispirazione giusta; la primavera per me direi di no, perché è la stagione peggiore per gli allergici; l’estate è sempre ideale e affascinante per la possibilità di raggiungere l’alta montagna, mentre l’autunno è bellissimo, ma è psicologicamente penalizzante quando si pensa che sta per sopraggiungere la brutta stagione: è un po’ la filosofia leopardiana del Sabato del villaggio. Quindi, direi, che l’estate sia la stagione migliore.
Mi ha detto che ama la letteratura e la poesia. Moltissimi letterati ed artisti si sono lasciati ispirare dalla natura, scrivendo versi o poemi bellissimi. Lei sente la stessa cosa?
Io credo di essere abbastanza razionale, senza lasciarmi trasportare troppo dalla passionalità o da un’estrema sensibilità poetica. Collaboro con Vivere la Montagna, allestendo dei racconti, a volte un po’ fantastici e sempre conditi di letteratura. Non so scrivere poesie mie, anche se mi piacciono molto, ma ho preparato e stampato alcune raccolte di parodie di poesie famose: non ho una creatività propria, ma riesco bene a storpiare quella degli altri. Inoltre non arrivo a dire che i sentimenti siano solo una combinazione di elementi chimici, però credo che a me la luna o il tramonto non facciano l’effetto che avrebbero indotto ad un poeta, uno di quelli di cui io elaboro le opere, anche se evidentemente anch’io provo delle sensazioni profonde. Ma è con la musica che ho maggiori difficoltà: un po’ tra il serio e il faceto, ritengo che essa – tra l’altro ho scritto un articolo su questo tema – sia a volte un po’ sopravvalutata nella sua capacità di mutare l’animo umano. Sicuramente per tutte le generazioni, per tutte le età, essa è molto importante, ma a me certe volte dà fastidio. Penso che sia per il fatto di non possedere la capacita di percepire con sufficiente positività certi suoi aspetti. Oltre a ciò, le mie figlie sostengono che io non sappia piangere: in realtà ovviamente anche a me succede, ma sicuramente con minor frequenza di loro… Alcuni momenti tristi della vita, quando si è piú deboli e indifesi, favoriscono il pianto. Anche quando è morto Gringo, il cavallo della mia giovinezza, ho avuto gli occhi umidi. Qualche tempo dopo ho scritto una storia per bambini intitolata Una galoppata di trentadue anni, che racconta la sua vita e che è stata pubblicata su “Vivere la Montagna”: quando la riguardo mi emoziono ancora e anche le persone che la leggono spesso si commuovono.
So che lei anni fa, proprio con Gringo, ha percorso un bel tratto di strada da Zurigo a Lugano.
Sí, come molti ticinesi che hanno studiato nella Svizzera tedesca, dopo la laurea si vuole rimarcare in un modo particolare il rientro a casa. Avevo questo mio cavallo, un cavallo da concorso, un’irlandese, quindi non particolarmente adatto per il trekking e montagna e la mia ragazza d’allora – che poi è diventata mia moglie – , ha rimediato un cavallino adatto per lei. Sembravamo Don Chisciotte e Sancio Panza, io sul cavallo grande e lei sul piccolo pony: cosí siamo partiti e in varie tappe, sistemando i cavalli in stalle e scuderie, abbiamo attraversato la campagna zurighese, poi percorso la valle della Reuss su fino al Passo del San Gottardo, quindi tutta la Leventina e il basso Ticino fino a tornare alla scuderia vicino a Lugano. Ci abbiamo impiegato dieci giorni, quindi un viaggio tranquillo, concedendoci anche delle giornate di pausa. L’esperienza in ogni caso è stata di grande soddisfazione personale e ci ha lasciato un ricordo indelebile.
Mi fa venire in mente che, anche se a lei non piace molto la musica, una coppia molto affiatata, Battisti e Mogol, ha fatto la stessa cosa in Italia.
Loro probabilmente l’hanno vissuta con una particolare sensibilità artistica, che io purtroppo non posseggo. È vero che in certi momenti della vita, ognuno di noi, quando si trova ad esempio in alta montagna, al tramonto, all’alba o sta per raggiungere una cima, si ferma un attimo a pensare e comprende che questo è un momento importante della vita, perché si raggiunge una meta desiderata o si compie qualcosa di unico, particolare, che lascia il segno.
Ringrazio Fabrizio Ottaviani della bella cavalcata pensante. Sicuramente molto presto raggiungerà i suoi dolcissimi amici in scuderia o sui verdi pascoli ticinesi, ed avrà con loro una bellissima giornata, attraversando i boschi e l’aria.