SEBRGA, UN COMUNE TEMPLARE?
Rivista 193 – Dicembre 2020
SEBRGA, UN COMUNE TEMPLARE?
Di Diego Garassino
Un piccolo comune dell’entroterra ligure si è ricostruito una storia epica e si è dotato di un principe con tanto di cavalieri. Le architetture antiche restaurate di recente e un’associazione che si propone di seguire la regola cavalleresca completano il quadro di un passato fantastico.
Seborga è un piccolo borgo italiano della Liguria di ponente quasi al confine con la Francia ha un territorio abbastanza piccolo, ma la posizione ben esposta, il clima mite e la corona di montagne che la circonda la rendono una meta turistica interessante.
Se da un lato le doti paesaggistiche giustificano da sole una visita, il “pezzo forte” del comune è la sua pretesa autonomia dallo stato italiano, un’autonomia più folclorica che reale, ma che è stata documentata in modo molto preciso anche se solo da fonti locali.
Seborga a partire dal 1963 ha rivendicato il suo statuto di principato e ha eletto già ben due Principi: Giorgio I, rimasto in carica sino alla sua dipartita nel 2010 e il suo successore, Marcello I, al momento in cui si scrive, ancora regnante.
L’intero corpo ammnistrativo del principato prevede anche dei consiglieri del principe e una serie di funzionari per il conio di monete, la realizzazione di targhe automobilistiche, passaporti, patenti di guida, tutti rigorosamente privi di valor legale. Visto che convivono con le istituzioni Italiane che sono le uniche vigenti di fatto e di diritto.
Questo farebbe pensare ad una trovata pubblicitaria straordinariamente ben orchestrata, ma alla base della rivendicazione, c’è una ricostruzione storica molto articolata, che provo a riassumere.
Seborga è un principato autonomo sin dalla seconda metà del X secolo, passando dal controllo dei conti di Ventimiglia agli abati delle isole Saint Honorat de Lerins (isole al largo di Cannes, Francia). Nel 1079 è consacrato principato del Sacro Romano Impero. Resta autonomo sino al 1729, quando Vittorio Amedeo II di Savoia lo acquista senza però registrare il rogito. Pertanto non esisterebbe nessuna prova ufficiale del passaggio di “proprietà”. Stando a quanto si legge sul sito internet del comune, Seborga non passa alla Repubblica di Genova nel 1748, non ritorna ai Savoia dopo il congresso di Vienna 1814 e non entra nel regno d’Italia nel 1861. A riprova di tutto ciò, fonti vicine al principato citano una sentenza del 2006, in cui il tribunale dell’Aja conferma indipendenza Seborga; la cosa è riportata sulle agenzie di stampa e ripresa da varie testate, ma non è possibile reperire copia del documento (record 33456/06). Di qui, il sorgere di leciti dubbi sulla stessa esistenza della sentenza.
I misteri curiosi non finiscono qui, perché a Seborga si sono succeduti fatti storici piuttosto interessanti che legano il comune, o principato, persino all’epico periodo delle crociate e dei templari, e i loro successori più diretti si possono ancora incontrare, per le sue vie con tanto di saio e spadoni.
Si parte dal nome: Seborga sembra derivare dal latino “sepulcrum” cioè sepolcro. Un termine che potrebbe alludere letteralmente ad una tomba di qualche personaggio importante o ad un nascondiglio sotterraneo di qualcosa di ancora più importante.
Siccome ad oggi non si è rinvenuta traccia né dell’uno nel dell’atra cosa, si possono solo fare ipotesi. Secondo Giorgio Pistone, studioso di Seborga tra i più prolifici ci sono almeno due possibilità, la prima è che il territorio, essendo stato abitato sin dal neolitico, abbia dato i natali e anche la sepoltura a qualche importante capo tribù di origine celtica. Una seconda possibilità è che nei primissimi anni della diffusione del cristianesimo, una qualche delegazione di discepoli sia approdata sulle coste della Liguria di Ponente. Qui potrebbe aver incontrato proprio queste popolazioni celtiche, verificando una comunanza di principi spirituali e filosofici. Pare infatti che gli antichi abitanti di questi territori fossero monoteisti, che credessero nella vita ultraterrena e nell’immortalità dell’anima. Questo incontro avrebbe convito i primi “missionari” cristiani di trovarsi in un luogo speciale e non per caso. Si sarebbero quindi insediati qui, e qui avrebbero nascosto importantissime reliquie, che avevano portato con sé dalla Terra Santa. Sulla natura delle reliquie esisterebbero solo ipotesi, si parla dell’”onnipresente” Graal, delle tavole della legge o dell’arca dell’alleanza. Ipotesi fantasiose, che però danno il senso di quanto si consideri importante il segreto celato da Seborga. Il segreto è stato comunque celato in modo soprannaturale, dato che di esso nei secoli non si è mai trovata traccia.
Quali che siano le reliquie, e sempre che poi davvero esistano, sembrerebbero la causa di una serie di eventi futuri che si ripercuotono ancora su vicende odierne.
Il Monsignor Antonio Allaria Olivieri, sacerdote e studioso di cose medievali con una particolare predilezione per Seborga, racconta nei suoi scritti accadimenti piuttosto interessanti circa la nascita dell’ordine templare. Secondo lo studioso infatti nel 1117 approda a Seborga un personaggio notevole: Bernardo di Chiaravalle. È un monaco cistercense erudito e conosciuto ai tempi in tutta Europa, dottore della chiesa e fondatore del monastero di Chiaravalle da cui prenderà il nome. È autore del “De laude novae militiae” (l’elogio della nuova milizia), uno scritto in cui esalta l’opera della cavalleria templare e ne giustifica i controversi mezzi. Bernardo sarebbe arrivato a Seborga per incontrare i suoi confratelli Hugues de Payens, André de Montbard, Payen de Mont Didier, Geoffroy Bisol, Geoffroy de Saint Amand, Archambaud de Saint Amand, Gondemar e Rossal. Questi otto uomini saranno i primi cavalieri templari. Secondo fonti seborghine, vengono infatti consacrati dall’abate Edoard, anch’egli cistercense e principe di Seborga, come cavalieri di un nuovo ordine monastico-militare che si conforma alla regola redatta proprio da Bernardo di Chiaravalle. Prenderanno il nome di Cavalieri della Povera Milizia di Cristo.
Il nome originale cambia in “templari” perché dopo essere partiti per Gerusalemme, questi frati militari vengono alloggiati nei locali che un tempo erano parte del tempio di Gerusalemme. La gente vedendoli partire e tornare di lì, prese a chiamarli Templari. Un nome frutto del caso, ma che ha contribuito ad alimentarne la fama.
Tornando al principato di Seborga, pare che molti gran maestri dell’ordine templare siano poi stati anche principi di Seborga e che almeno uno di essi sia deceduto nel principato.
Allo scioglimento dell’ordine, intorno al 1310, pare che l’ordine sia stato rifondato. Sembra infatti che nel 1365 dall’Abate Cistercense Pons Lance, Priore di San Michele in Ventimiglia, Abate del Monastero di Lérins e successivamente anche Principe di Seborga, costituisca il Venerabilis Ordo Sancti Sepulchri.
Così facendo, riforma il Cavalierato Cistercense erede della Paupera Militia Christi, reintegrando i Cavalieri di Seborga e tutti i fuggiaschi e i dispersi dopo la morte del Gran Maestro dell’Ordine Jacques de Molay, avvenuta nel 1314.
L’Ordine Cavalleresco di Seborga cambia il simbolo originale con quello di un agnello che regge un vessillo riportante la Crocee pur con diverse riforme e scissioni, l’ordine arriva sino ai nostri giorni.
Attualmente ha assunto la forma di associazione di diritto privato italiano e si riconosce nell’acronimo OSSCBS (L’Ordo Sancti Sepulchri dei Cavalieri Bianchi di Seborga). L’associazione “si propone di onorare, sostenere e diffondere ogni aspetto della secolare tradizione sviluppata nei secoli dal Principato Abbaziale che, unitamente ai Cavalieri Bianchi, diede dignità, valore sacrale e valore storicamente rilevante a quei luoghi”.
Va detto che questa ricostruzione storica è decisamente controversa e in più punti mancano riscontri oggettivi, ad esempio non ci sono tracce delle tombe dei gran maestri templari e principi di Seborga morti nel principato. E in generale, gli scettici obbiettano che questa versione della storia è sostenuta solo da Giorgio Carbone, meglio noto come Principe Giorgio I. Tuttavia, lo scenario del borgo, con le sue architetture antiche ben restaurate, e le tuniche bianche dei presunti successori dei famosi cavalieri sono uno spettacolo che è bello immaginare. E se anche fosse solo una leggenda fantasiosa, vale comunque una visita.