Viaggio tra le bellezze del Monte Amiata
Rivista 172 – Gennaio 2019
Viaggio tra le bellezze del Monte Amiata
Testo Luca De Franco, foto Luca De Franco e MARIO LLORCA & CICLICA
Il Monte Amiata è un terreno di gioco incredibile per chi ama la vita all’aria aperta e le vacanze attive. Nelle sue viscere e lungo i suoi pendii sono nascosti dei tesori tutti scoprire.
Arrivando dalle morbide colline della Val d’Orcia, lo sguardo è colpito dalla mole del Monte Amiata. Uno scoglio di roccia, residuo di un antico vulcano oggi ricoperto da una delle faggete più grandi d’Europa, che sovrasta i 12 comuni che fanno parte del Parco Nazionale Museo delle Miniere dell’Amiata.
Un luogo ricco di storia e tradizioni che, ancora oggi, si possono rivivere visitando gli antichi borghi come Arcidosso, Castel’Azzara, Santa Flora o scoprire che alle pendici di questo vulcano si
trova la miniera di mercurio più grande d’Europa che è stata attiva fino alla seconda metà del 1970.
Il cuore rosso del Monte Amiata
Partiamo alla scoperta di questo interessantissimo territorio dall’elemento che più lo ha caratterizzato fin dal tempo degli Etruschi: la presenza del mercurio, o cinabro che, nell’antichità, veniva usato per tingere le stoffe di rosso. Ma è dalla fine dell’800 che la presenza di questo minerale nascosto sotto la roccia della montagna, trasforma l’area del Monte Amiata in un bacino minerario di rilevanza internazionale e che trova nei comuni di Abbadia San Salvatore, Castel’Azzara, Selvena e Piancastagnaio i centri principali da cui si dipartono le gallerie che scendono nelle viscere della terra, fino a 400 metri di profondità, per estrarre la roccia contenente il prezioso minerale.
Gli usi del mercurio più noti sono quelli legati alla realizzazione dei termometri e delle otturazioni, ma in realtà il mercurio era ampiamente usato nell’industria bellica, per l’estrazione di oro e argento, nelle vernici, nell’industria elettrochimica e in molti campi ancora. Oggi l’uso di questo metallo è fortemente ridotto a causa della sua elevata tossicità. Questo fattore, oltre alla scoperta di giacimenti stranieri più redditizi, ha causato la chiusura delle miniere dell’Amiata che sono rimaste attive dal 1898 alla seconda metà del 1970.
Per ricordare l’impatto di questa attività sulle popolazioni locali, l’area produttiva di Abbadia San Salvatore è stata trasformata in un museo all’aria aperta ed in un innovativo centro multimediale che ho visitato assieme a Daniele Rappuoli, Direttore Scientifico dei musei di dedicati al mercurio presenti ad Abbadia San Salvatore e responsabile della bonifica dell’ex area mineraria, che, come un novello Virgilio, mi ha fatto scendere nella “pancia” della montagna per scoprire da dove nasce il cinabro e non solo..
Il piccolo centro montano di Abbadia San Salvatore sorge alle pendici del Monte Amiata, protetto dalla sua gigantesca faggeta. Camminando tra le vie del paese è impossibile non notare i simboli che ricordano ciò che, per quasi un secolo, ha rappresentato una fonte di benessere e ricchezza per la maggior parte della popolazione locale: l’estrazione del mercurio dalle viscere del Monte Amiata.
Il nostro incontro comincia dal nuovo museo multimediale di Abbadia San Salvatore, inaugurato nel 2016, dove il visitatore può avere un primo approccio con la storia del mercurio. A testimoniare l’attività estrattiva rimangono, sul territorio, i resti industriali delle vecchie strutture minerarie e gli imbocchi delle numerose gallerie, che si estendevano per oltre 45 chilometri di lunghezza spingendosi fino a 400 metri sotto terra! Per motivi di sicurezza, le gallerie e i pozzi sono stati sigillati, e oggi sono visitabili (solo su prenotazione) alcuni brevi tratti delle gallerie del Cornacchino, a Castel’Azzara, e del Siele, a Piancastagnaio. Mentre le strutture fuori terra ancora presenti nei vecchi centri minerari, oltre ai quali già citati possiamo aggiungere la miniera in località Morone del comune di Selvena sono state conservate e ne è in corso la bonifica che permetterà di rendere fruibili e visitabili numerose strutture ed edifici. Come mi racconta il Dott. Rappuoli, di tutte le aree minerarie presenti attorno al Monte Amiata, Abbadia San Salvatore era il giacimento minerario meno ricco in tenore del prezioso metallo, eppure qui si sviluppò tutta la parte di lavorazione della roccia con la creazione degli enormi macchinari che ancora oggi si vedono sorgere attorno alla zona del museo.
Proprio per conservare questi beni, assieme a quelli delle aree minerarie del Cornacchino, Morone e Siele, nel 2002 è stato creato il Parco Nazionale Museo delle Miniere dell’Amiata, che si estende per circa 65 ettari, e che tra i suoi compiti, oltre alla messa in sicurezza, il recupero dei manufatti e la tutela ambientale dei siti minerari, ha anche quelli di conservazione degli archivi storici, della promozione degli studi della raccolta delle testimonianze e della valorizzazione ai fini turistici del territorio del Parco. Infatti, grazie a varie sinergie locali, sono stati realizzati molti interventi volti alla conservazione e al recupero delle strutture minerarie amiatine, oltre ad attività di studio, ricerca e raccolta di testimonianze orali sul lavoro e la vita in miniera.
Per iniziare il nostro “viaggio del mercurio” il Dottor Rappuoli mi conduce direttamente sugli impianti del museo all’aperto della miniera di Abbadia San Salvatore, che ha avuto il riconoscimento UNESCO per i patrimoni industriali, e percorriamo, assieme, i 3 percorsi didattici recentemente creati proprio per far conoscere a tutti la storia del mercurio. Si tratta di 3 percorsi didattici di circa 1 chilometro di lunghezza e che richiedono 1 ora di tempo ciascuno, accessibili a tutti, da soli o con guida (su prenotazione) che toccano i principali temi della miniera: il percorso del Direttore, quello del Minatore e quello del Mercurio, il cui nome stesso suggerisce il soggetto trattato.
I racconti del Dottor Rappuoli sulla storia mineraria della zona sono molto coinvolgenti ed emozionali e le descrizioni degli impianti e degli edifici è minuziosa e precisa. Qui, d’altronde non solo veniva estratto il mercurio, ma visto il valore economico del metallo, la società Monte Amiata SpA, tutt’ora proprietaria della concessione mineraria, ha sviluppato tecnologie assolutamente innovative e all’avanguardia nel campo della lavorazione mineraria. Proprio per toccare con mano questo alto livello ingegneristico raggiunto nella zona dell’Amiata, Rappuoli mi conduce dalla zona nota come Zona XXII, da dove parte il percorso del Minatore. Il nome dell’area è dovuto al fatto che qui si trova l’imbocco per l’omonima galleria che permetteva ai minatori di scendere ai vari livelli della miniera. Dei vecchi impianti è stato restaurato l’antico ed imponente Pozzo Garibaldi, oggi chiuso, usato per far scendere o salire sia i minatori che i carrelli con la roccia da lavorare. Di fianco al pozzo sono ancora presenti gli edifici relativi agli spogliatoi degli operai e l’ufficio dei tecnici minerari, per i quali sono in fase di avvio i lavori di bonifica e recupero per renderli visitabili e fruibili ai turisti.
Passando per la zona delle officine, arriviamo agli impianti veri e propri dove avveniva il processo di estrazione del mercurio dalla roccia. I capannoni dove sono contenuti gli impianti sono giganteschi ed immensi. Al loro interno sono ancora presenti i 4 giganteschi forni Gould, realizzati in California, utilizzati per l’arrostimento della roccia e gli immensi raffreddatori Fuller, nelle cui tubature si condensavano i vapori di mercurio consentendone la raccolta.
Dall’alto delle strutture si domina tutta Abbadia e la vista è impressionante. Da qui si nota come le testimonianze dell’attività mineraria siano presenti ovunque e si siano perfettamente fuse con il tessuto urbano circostante. Il percorso del Direttore offre la possibilità di scoprire tutti gli elementi, presenti ad Abbadia, a corredo della fabbrica di mercurio vera e proprio. Questo perché la Società Monte Amiata SpA, oltre ai processi estrattivi e produttivi, ha sempre prestato attenzione alla sicurezza ed al benessere dei suoi operai offrendo loro, oltre ad un buon salario che arrivava ad essere addirittura superiore a quello di un preside scolastico, una casa, dei centri ricreativi, un cinema ed anche un bagno termale, dove rilassarsi e curarsi.
A conclusione del nostro viaggio nel cuore dell’Amiata, Rappuoli mi accompagna in una visita del museo multimediale di Abbadia San Salvatore, dove il tema delle installazioni è l’impatto che la miniera ha avuto sulla società locale nei vari periodi storici mediante foto, interviste a minatori ancora vivi, filmati dell’epoca e installazioni interattive. La vera chicca del museo è l’emozione di visitare, a bordo di uno degli originali trenini elettrici usati dai minatori per raggiungere le aree di lavoro, una fedele ricostruzione di una porzione di una galleria mineraria: la Galleria VII. Accompagnati da un ex minatore, si fa un breve viaggio nel tempo per scoprire, dalle sue origini ad oggi, come si sono evolute le tecniche di coltivazione delle miniere del monte Amiata, guidati da chi questa vita l’ha fatta per molti anni.
E’ quasi ora di salutarsi, ma rimane da fare ancora un’ultima visita alla Torre dell’Orologio. L’edificio ospita dal 2001 il museo e l’archivio della Società Monte Amiata ma, all’origine, faceva parte degli edifici che contenevano i primi forni, chiamati Cermak-Spirek dal nome del progettista e costruiti nel 1898. Al suo interno sono allestite le sale che illustrano i sistemi di escavazione e di estrazione del metallo, le fasi di lavoro, la vita quotidiana dei minatori, gli usi del mercurio nel tempo.
Mentre esco dal museo sento suonare “la corna”, cioè l’antica sirena che avvertiva gli operai dell’inizio di uno dei tre turni di lavoro. Ancora oggi, ad Abbadia San Salvatore la vita si regola sui tempi del mercurio.
Scoprire il Monte Amiata armati di bussola e cartina
Il Monte Amiata è da anni il terreno di gioco per i praticanti, a livello agonistico, dell’orienteering. Una disciplina che può essere, facilmente, imparata da tutti, senza limiti di età e che, guidati da un istruttore, basta un pomeriggio per imparare le basi per praticarlo, come ho potuto verificare sul campo, guidato dall’esperienza di Daniele Rossi, istruttore di Orienteering ed organizzatore di gare nell’area del Monte Amiata.
Le attrezzature necessarie per poter praticare l’orienteering sono due: una bussola da orienteering, che non è quella che tutti abbiamo in mente con il classico coperchio ma ha una base trasparente che serve per posizionarsi sulla carta e la corona graduata attorno all’ago della bussola girevole, e una carta della zona che si intende esplorare a scala molto ridotta e dettagliata. Per l’area del Monte Amiata Daniele mi mostra le carte specifiche per orienteering a scala 1:2.000, cioè un centimetro sulla carta rappresenta 20 metri di distanza nella realtà, quindi molto dettagliate ed attualmente in fase di revisione in quanto molti elementi del territorio, nel tempo, sono mutati.
La particolarità di queste carte è che sono riportati tutti gli elementi presenti sul terreno. Non solo gli edifici e le strade o i sentieri, suddivisi per tipologie, ma anche le aree con bosco fitto, quelle con boschi tagliati e molti altri dettagli che ad una prima lettura della carta, noi neofiti, non notiamo nemmeno.
Infatti Daniele ci spiega che l’abilità di un buon atleta è proprio quella di saper vedere, velocemente, tutti gli elementi principali riportati sulla carta per poi selezionare quelli che gli serviranno per raggiungere i suoi obiettivi il più velocemente possibile. Per me che sono alla prima esperienza, Daniele mi permette di partire da un elemento facilmente riconoscibile sulla carta, per cui ci incontriamo al Parco del Laghetto Verde di Abbadia San Salvatore. Trovato il laghetto sulla carta, il passo successivo è orientare il nord della carta con il nord reale. Le mani di Daniele si muovono veloci tra bussola e carta ed ecco, quasi fosse una magia, che tutto si allinea: ciò che vedo attorno a me è posizionato sulla carta nella stessa direzione, o viceversa.
Adesso tocca a me fare la stessa cosa, mi sento come un bambino il primo giorno di scuola, ma grazie alla semplicità ed alla praticità di Daniele nello spiegare, posso dire che questa operazione mi risulta un gioco da ragazzi.
Orientata la carta si comincia a fare sul serio. A questo punto, se fossimo in gara, dovrei decidere come raggiungere un punto segnato sulla carta, la mia prima lanterna. Nel mio caso sono io a scegliere il punto da raggiungere per impratichirmi sull’uso della bussola. La scelta ricade sulla vecchia polveriera della miniera, oggi ridotta ad un rudere che si trova in mezzo al bosco, non troppo lontano da noi. In questo modo, anche se praticamente c’è una strada sterrata che la raggiunge, abbiamo modo di raggiungerla utilizzando carta e bussola nel modo corretto cioè seguendo, passo passo, la direzione che ci indica la bussola per arrivare a destinazione, tenendo conto delle varie deviazioni che il terreno ci obbliga a fare. Anche se l’obiettivo era facile, la soddisfazione è grande e quindi mi metto subito alla prova con qualche cosa di più difficile: un rudere sperso in mezzo al bosco. Questa volta ritrovare il punto scelto, nascosto in mezzo alla faggeta, è più complicato, ma più avvincente.
Daniele mi segue attento, mi corregge e mi aiuta, svelando alcuni “trucchi” del mestiere per andare a colpo sicuro anche nel fitto dei boschi, senza mai perdere l’orientamento. Una volta capito come fare, il gioco diventa sempre più divertente e coinvolgente. Il difficile è fermarsi, perché riuscire a raggiungere sul terreno dei punti segnati su una cartina sembra quasi una magia. E questa è la bellezza di praticare l’orienteering a livello non agonistico, cioè di camminare in un modo diverso dal semplice seguire il sentiero. Con l’orienteering si cammina più attenti, si osserva con maggiore attenzione ciò che ci circonda e si vedono elementi del paesaggio che ci passerebbero sotto gli occhi del tutto inosservati.
Per scoprire il Monte Amiata basta lasciar libero sfogo alla fantasia perché questo territorio offre numerose possibilità di giocare con l’orienteering: come scoprire le strane formazioni rocciose nascoste nei suoi boschi, come la roccia di Dante, trovare un sentiero abbandonato che sale verso la vetta, oppure spingersi all’interno degli antichi borghi medioevali sparsi alle pendici dell’Amiata che possono diventare terreni di gioco molto stimolanti dove una certa fontana, la chiesa più vecchia o il monumento della piazza principale possono diventare i nostri obiettivi. Qui la sfida può diventare ancora più intrigante, suddividendosi in gruppi dove ognuno deve trovare il percorso più veloce per raggiungerli e nello stesso tempo scoprire le bellezze dei luoghi come la Rocca di Radicofani o il Sasso di Roccalbengale.
L’Amiata e il mountain bike
Il Monte Amiata, grazie alla sua conformazione ed alla presenza di una fitta rete di sentieri, strade sterrate e tracciati preparati, è il terreno di gioco ideale per tutti gli appassionati mountain bike, dove ognuno può praticarla nella propria declinazione preferita e che ho potuto scoprire accompagnato da Andrea, guida di MTB del gruppo Amiata Freeride, con il quale mi sono incontrato in Località Le Macinaie.
Andrea mi racconta che tutta l’area del Monte Amiata offre itinerari in mountain bike di lunghezza e dislivello adatti ad ogni gamba, dove non si incontra praticamente asfalto. Dato che la parte alta della montagna è molto ripida, è quella più adatta ai tracciati freeride e downhill che si possono percorrere usando la comoda seggiovia che ci porta fino in cima, e poi scendere lungo uno dei sei percorsi che arrivano fino a 6 chilometri di lunghezza e ritornare a Le Macinaie o scendere fino ad Abbadia San Salvatore, da dove è possibile prenotare un transfer per ritornare al punto di partenza.
Volendo fare un tour esplorativo dell’area, Andrea mi propone un percorso che unisce vari tracciati che attraversano l’immensa faggeta dell’Amiata, ritenuta una delle più grandi d’Europa, per vedere alcuni “tesori nascosti” della zona ed arrivare fino ai bagni termali di Bagni San Filippo. Per fare questo giro approfitto del rifornitissimo servizio di noleggio MTB dell’Amiata Freeride utilizzando una comoda e-bike.
Basta allontanarsi di poco dalla zona delle Macinaie per trovarsi immersi nel silenzio più assoluto, rotto solo dal rumore delle nostre gomme sul fondo di sassi e foglie. La luce che filtra attraverso i faggi forma dei giochi di ombre con i tronchi e le foglie delle piante affascinanti, quasi magici. La prima tappa è la Capanna di Pietro, un posto sosta gestito dal parco immerso nella faggeta.
Restando nel bosco, pedaliamo lungo una larga strada forestale, in parte utilizzata in inverno come pista di fondo, che ci porta in località Primo Rifugio, dove sorgono tutta una serie di villette di vacanza immerse nel fresco della faggeta. Facendo un breve tratto in asfalto andiamo a scoprire il primo tesoro nascosto dell’Amiata: il Sasso di Dante, una roccia in località Catarcione che ha il profilo del sommo poeta. Dal sasso parte una lunga falesia, di altezza variabile, che è stata attrezzata dai locali per arrampicare.
Quindi risaliamo l’asfalto fatto all’andata per qualche centinaio di metri per poi ributtarci nel bosco lungo una strada forestale che ci riporta all’interno della faggeta. Dare un’indicazione di dove stiamo andando e di quale deviazione prendere è piuttosto complesso, per fortuna Andrea conosce molto bene la zona e ci porta verso l’Ermicciolo, un piccolo oratorio San Benedettino, facendo un lungo traverso dove il recente taglio delle piante permette uno stupendo colpo d’occhio sulla sottostante Val d’Orcia.
Seguendo l’asfalto ci portiamo verso Vivo d’Orcia dove visitiamo le sorgenti del Torrente Vivo, sfruttate fin dal 1914 per portare l’acqua, di ottima qualità, a Siena, e l’Eremo, che è il nucleo più antico del paese, che raggiungiamo scendendo una ripidissima discesa asfalta. L’eremo fu eretto sulle rovine di un monastero camaldolese che fondò San Romualdo. Dell’insediamento rimane il Borgo Principale, caratterizzato da antichi fabbricati, e la chiesa di San Marcello.
Da Vivo d’Orcia la nostra pedalata continua fino a Campiglia d’Orcia, un bellissimo borgo arroccato inconfondibile per la Rocca di Campiglia, un cippo calcareo che sorge sul punto più alto del paese ed intorno a cui si sviluppa il borgo. Siamo quasi in vista di Bagni di San Filippo, ma prima Andrea ci porta a vedere un’antica chiesa dedicata alla Madonna interamente scolpita nella roccia ed immersa nel bosco. Un posto molto suggestivo e rilassante. Niente a che vedere con l’area di Bagni di San Filippo che brulica di gente che si immerge nelle varie vasche termali sotto quella che viene chiamata “la balena bianca”, la zona principale da cui sgorga l’acqua calda.
Per arrivarci seguiamo una strada forestale laterale, poco frequentata, ma una volta in zona dei bagni ci tocca procedere a piedi perché la gente è veramente tanta. L’effetto del calcare bianco illuminato dal sole forma un contrasto notevole e le sue forme, con delle grosse stalattiti pendenti, gli dà, effettivamente, la forma di una balena che mostra i suoi faloni.
Purtroppo il tempo a nostra disposizione è quasi terminato e dobbiamo raggiungere il pulmino che ci porterà indietro. Non so se esisteva un’alternativa o Andrea l’ha fatto apposta visto che abbiamo utilizzato tutto il giorno delle e-bike, ma per raggiungere il pulmino mi ha fatto risalire lungo una strada con pendenza da trattore dove ho cacciato le ultime gocce di sudore.
Il Monte Amiata a piedi
Ovviamente la zona del Monte Amiata è perfetta per gli amanti dell’escursionismo con percorsi di uno più giorni e di varia difficoltà. Per chi ha tempo e vuole conoscere gli angoli più suggestivi del parco consiglio l’Anello dell’Amiata, un percorso di 27 chilometri tra faggi e castagni con un susseguirsi di saliscendi e che, ad ogni stagione, regala nuove sorprese. Si può iniziare il percorso in auto nei pressi della Chiesa dell’Ermeta, oppure a piedi direttamente da Abbadia San Salvatore, Vivo d’Orcia e località Quaranta (Piancastagnaio). Le quote che si vanno a raggiungere oscillano tra i 930 ed i 1’287 metri di altitudine e il dislivello complessivo rimane contenuto (360 m). L’intero percorso richiede poco meno di 9 ore, durante le quali possiamo concederci qualche momento di contemplazione per osservare la luce del sole che filtra tra le fronde dei faggi. Un vero spettacolo della natura! E se saremo silenziosi e fortunati, magari avvisteremo un tasso o un istrice sfuggente.
Oppure possiamo decidere per un’andatura più turistica e pensare di spezzare il percorso con un pernottamento intermedio. Per chi sceglie questa seconda opzione più “slow” il miglior punto di partenza è Abbadia San Salvatore, mentre la località più logica per la notte è il Prato delle Macinaie, dove si può cenare e pernottare in uno dei piccoli alberghetti dall’atmosfera familiare.
Per chi ha mezza giornata a disposizione e vuole coprire un po’ di dislivello, il percorso Macinaie – Vetta Cantore è quello giusto! Due sono i possibili punti di attacco: dalle Le Macinaie oppure dal rifugio “Cantore”: Queste due località sono unite dalla pista di fondo della “Marsiliana-Sciovia Settebello” che presenta un percorso con un impegno fisico sempre molto contenuto. Per raggiungere la vetta, invece, la fatica aumenta a causa della pendenza sostenuta sull’intero dislivello (348 m). Si cammina, per lo più, tra fronde di castagni e attraversando estese faggete, i cui fusti mantengono il terreno pulitissimo. Una delle stagioni più suggestive è l’autunno: le foglie secche di un marrone intenso creano una splendida alternanza cromatica con il grigio argenteo dei tronchi e dei massi erratici, mentre qua e là estese superfici di roccia o legno sono ricoperte di uno spesso strato di muschio su diverse tonalità di giallo e verde.
Giunti alla piattaforma che sorregge l’imponente croce possiamo letteralmente far “volare lo sguardo”. L’Amiata, montagna sacra per gli Etruschi, con i suoi 1’738 metri di elevazione, domina infatti il sottostante territorio suddiviso tra la provincia di Grosseto e quella di Siena. Il colpo d’occhio è di quelli che si ricordano a lungo: campi coltivati, boschi e colline, si alternano 1’000 metri più in basso per un’estensione di oltre 100 chilometri, un panorama reale che supera l’immaginazione….
E nelle giornate particolarmente limpide, l’azzurro del Tirreno ci ricorda che la terra di Maremma non è solo agricoltura, butteri e cavalli di gran pregio. Chi viene qui in vacanza può, in una stessa giornata, al mattino camminare su sentieri di montagna e in serata sciogliere la tensione muscolare di gambe e schiena con una nuotata nella baia di Talamone.
Non mancano i percorsi a fondo storico come la visita alla Fortezza di Radicofani, ultima delle tappe toscane della via Francigena, per apprezzare un castello in ottimo stato di conservazione, che con i suoi bastioni domina la vallata sul confine meridionale della Val d’Orcia. Già utilizzato da Etruschi e Romani, il sito è documentato nell’876. In quest’area i monaci di San Salvatore del Monte Amiata avevano numerosi possedimenti. Il borgo fu al centro di numerose contese per via della sua posizione strategica e di confine tra lo Stato della Chiesa e i territori controllati da Siena.
Avvicinandosi con la mente aperta alle vicende dell’epoca vale la pena citare la leggenda di Ghino di Tacco, ribelle ghibellino senese, che si impossessò della rocca di Radicofani prima che il borgo si sottomettesse definitivamente a Siena nel 1405. Ghino di Tacco, considerato una sorta di Robin Hood locale, fece della fortezza il suo covo da cui organizzava vari atti di brigantaggio a danno dei viaggiatori. La sua peculiarità era che, a quanto pare, non derubava completamente i malcapitati e addirittura graziava i più poveri tra questi.
Le imprese di questo personaggio, vissuto a cavallo tra XIII e XIV secolo, vengono ricordate anche da Dante Alighieri (Purgatorio, VI, 13-14) e dal Boccaccio. “Ghino di Tacco, per la sua fierezza e per le sue ruberie uomo assai famoso, essendo di Siena cacciato e nimico de’ conti di Santa Fiore, ribellò Radicofani alla Chiesa di Roma, e in quel dimorando, chiunque per le circustanti parti passava rubar faceva a’suoi masnadieri”. (Boccaccio, Decameron, X giorno, II novella).
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INFORMAZIONI GENERALI
Per maggiori informazioni sui temi trattati nell’articolo potete fare riferimento ai seguenti siti web che vengono sempre aggiornati sulle novità e dai quali è possibile fare prenotazione di alloggi, attrezzature, visite guidate e molto altro:
Area Monte Amiata: www.visittuscany.com
Parco Nazionale Museo delle Miniere dell’Amiata: www.parcoamiata.com
Musei minerari di Abbadia San Salvatore: parcomuseo.comune.abbadia.siena.it
Amiata Freeride: www.amiatafreeridebikeresort.com
Carta dei sentieri del Monte Amiata, redatta dall’Associazione BookingAmiata: www.bookingamiata.com